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di Alessandro Crociata
Le seguenti riflessioni seguono l'incontro del 23 luglio 2015, tenutosi nella sala consiliare di Palazzo delle Aquile a Palermo, organizzato dal Forum dei Movimenti e delle Associazioni per la gestione partecipativa dei beni comuni.
Considerazioni che trovano ulteriore ragione nella vicenda del procedimento di approvazione delle Consulte Cittadine, promosse da un cartello di associazioni riunitesi su impulso di Bene Collettivo, di cui è stata parte attiva pure Decidiamolo Insieme.
Le riflessioni non vogliono certo essere polemiche nei confronti di scelte e percorsi sui quali si è meditato e che hanno visto in entrambi i casi un notevole sforzo che ha portato alla formulazione di un articolato regolamento per la gestione dei beni comuni e alla proposta di istituzione di ben otto consulte cittadine su temi fondamentali per la città.
Epperò in quello che è emerso nelle scorse settimane, e da ultimo il 23 luglio in sede di discussione del Forum dei Movimenti, merita una attenta riflessione, e - perché no - qualche valutazione critica sul percorso intrapreso.
Del resto, le difficoltà sorte nel percorso approvativo di questi strumenti partecipativi impongono una seria rimeditazione di quanto fatto sino ad oggi.
A meno di non voler scaricare tutto sull'Amministrazione ed imputare alla mera inerzia di questa (se non ostracismo) la mancata approvazione di detti strumenti.
Non v'è dubbio che l'Amministrazione Comunale (nelle sue articolazioni: Sindaco, Giunta, Consiglieri, Burocrazia) sia la controparte di questo percorso partecipativo, la quale deve in buona sostanza "cedere sovranità" ai cittadini, con ciò che questo significa in un sistema dove all'Amministrazione fa "comodo" controllare e gestire (spesso sconfinando nell'arbitrio) la città, i suoi bisogni e, in definitiva, i suoi cittadini.
In questo contesto chiedere a chi gestisce "potere" di cederne una parte rischia di essere solo una pia illusione.
Dunque, se vogliamo affrontare seriamente ed in modo propositivo la questione dobbiamo lavorare sul "nostro" versante, ossia quello dei "cittadini che chiedono partecipazione".
Dobbiamo ammettere che da questo punto di vista siamo particolarmente deficitari. E dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo.
La città, nelle sue articolate declinazioni non è minimamente coinvolta in questo processo "partecipativo". E, francamente, questa è una stridente ed irrisolvibile contraddizione.
Le cittadine e i cittadini vanno coinvolti nel processo costruttivo delle forme partecipative: in caso contrario queste rimarranno espressione solo della parte più avvertita e consapevole della città con rischio di autoreferenzialità, da un lato, e di rimanere senza quella forza propulsiva che possa portare l'Amministrazione (la controparte) ad approvare gli strumenti partecipativi, dall'altro lato.
Questo processo di coinvolgimento della città va fatto prima e quale motore propulsore e spinta cogente a supporto degli strumenti partecipativi e non dopo la loro approvazione. Anche perché senza quella spinta forte e decisa della cittadinanza è difficile ipotizzare che l'Amministrazione trovi ragioni per "cedere parte della sovranità".
In conclusione, l'opera dei movimenti e delle associazioni è fondamentale in questo processo, ma deve innanzitutto indirizzarsi al coinvolgimento della città in questo percorso; in caso contrario non v'è alcuna seria possibilità di ottenere veri strumenti partecipativi e, comunque, v'è da chiedersi a che servono gli strumenti partecipativi se non si opera per coinvolgere i cittadini che poi dovranno usarli?
Alessandro Crociata
Utente: ALECRO
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del 24/07/2015
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