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Fabio D'Anna
Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente.
Per cambiare qualcosa costruisci un modello
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di Fabio D'Anna
C'era una volta un giovanissimo Presidente del Consiglio che diceva di voler rimodernare il paese, cambiare una classe dirigente incapace e vecchia in grado solo di discutere ma non di realizzare ciò che serve all'Italia. Così grazie al consenso ottenuto nel paese si fece eleggere Presidente del Consiglio ma egli non aveva una maggiornaza stabile, il suo partito non aveva i voti necessari a governare da solo ma si reggeva solo grazie alla spaccatura interna avvenuta in altri partiti, allora convinse il parlamento a cambiare la legge elettorale in modo che il partito che avvesse avuto più voti degli altri avrebbe avuto da solo la forza di governare il paese per far ritornare ad essere una grande potenza economica (si diceva).
Pensate che stiamo parlando di Renzi? No, parliamo di Benito Mussolini, gran parte della storia la conosciamo: sappiamo che cosa è stata la dittatura fascista ma troppo spesso non ricordiamo il clima e l'opinione pubblica prima che il fascismo arrivasse al potere, non ricordiamo il forte scollamento del popolo dalla sua classe dirigente, quella che oggi chiameremmo antipolitica, non ricordiamo il senso di sfiducia del popolo italiano nelle istituzioni, non ricordiamo che vi furono solo pochi inutili interventi di alcuni esponenti politici che denunciavano un presunto autoritarismo che probabilmente non furono presi sul serio, in fondo ancora il fascismo non aveva svelato tutta la sua capacità intimidatoria. Conosciamo davvero così poco la nostra storia che l'ascesa del fascismo ci sembra quindi assurda ed in ogni caso impossibile o improbabile che avvenga in tempi moderni.
Invece il clima che si respirava in quegli anni mi sembra fin troppo simile ai giorni nostri e purtroppo nessuno sembra rendersene conto.
Di certo ciò che permise di trasformare l'allora monarchia liberale in dittatura fu proprio la legge elettorale, la legge Acerbo. Nel 1921 Mussolini fu nominato Presidente del Cosiglio, esso promosse e fece approvare nel 1923 la nuova legge elettorale che modificò la precedente legge proporzionale, integrandola con un premio di maggiornaza in quota fissa, pari ai 2/3 dei seggi, a beneficio del partito più votato qualora questo avesse superato il quorum del 25%.
In parlamento le opposizioni tentarono di modificarlo: esse
confluirono attorno ad un emendamento presentato da Bonomi, che proponeva ancora di alzare il quorum per lo scatto del premio di
maggioranza dal 25% al 33% dei voti espressi. Il tentativo fallì, anche per la rigida posizione assunta dal governo, che, opponendo la fiducia,
riuscì a prevalere: su 336 presenti in 178 votarono a favore della fiducia e contro l'emendamento, 157 a favore
dell'innalzamento della soglia e contro il governo. Decisivi risultarono i 53 assenti che avrebbero potuto orientare in modo
diverso l'esito del voto. Il testo fu approvato definitivamente alla Camera il 21 luglio 1923, a favore votatorono il Partito Nazionale Fascista, buona parte del Partito Popolare Italiano, una vasta maggioranza dei componenti dei gruppi parlamentari di
tendenze liberali e la quasi totalità degli esponenti della destra. Durante l'iter di approvazione la propaganda fascista spacciò per democratico il meccanismo di ripartizione dei seggi, affermando che il diritto di
tribuna alle minoranze era garantito da quel terzo dei seggi che restava all'opposizione parlamentare, che
sarebbe stato loro assegnato comunque. In verità sappiamo benissimo che la schiacciante maggioranza in parlamento dei fascisti permise di rendere l'azione delle opposizioni praticamente inutile, l'elezione successiva infatti il Partito Fascista superò abbondantemente il 25% che gli permise di ottenere i 2/3 del parlamento e presento inoltre persino una lista civetta che strappo altri 19 seggi che in teoria sarebbero dovuti andare all'opposizione. La legge elettorale fu lo strumento che permise al fascismo, senza violare la legalità formale, di stravolgere l'impianto costituzionale (anche la monarchia aveva una costituzione) sostanziale "compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure
elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa
ogni possibilità di scelta" (Alessandro Visani).
La democrazia muore il giorno che uno solo dei nostri diritti viene cancellato, il diritto alla rappresentanza è uno di questi, esso è fondamentale e non può essere soggiogato alla governabilità, che sia di monito alla nostra ed alle successive generazioni.
Utente: DANNA
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del 19/01/2016
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