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Fabio D'Anna
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di Fabio D'Anna
Finalmente lItalia cesserà di essere lunico paese europeo in cui il Parlamento è composto da due camere eguali, con gli stessi poteri e praticamente la stessa composizione. Il superamento del cosiddetto bicameralismo paritario servirà per ridurre il costo degli apparati politici e per rendere lattività del Parlamento più rapida ed efficace. La Camera dei Deputati darà e toglierà la fiducia al governo, il Senato rappresenterà prevalentemente le istanze e i bisogni di comuni e regioni.
Le due camere in realtà sono sempre state composte in modo differente, per l'età dei componenti ed aventi diritto al voto e per il fatto che il Senato è sempre stato composto da eletti su base regionale. Fossero state uguali il problema della di dover avere la doppia maggioranza nelle due camere non ci sarebbe stato. Aver ridotto i componenti del Senato riduce di una parte molto modesta i costi istituzionali e disegna un senato composto da politici che hanno già un incarico da espletare (consiglieri regionali e sindaci) questi saranno costretti a fare spola tra Roma e Regione e dovranno conciliare le due attività, quanto questo modo di operare possa portare disaggi, costi e ritardi non viene minimamente considerato.
In Germania la seconda camera è composta da rappresentanti dei Lenders essi votano in rappresentanza delle istituzioni locali quindi rappresentano le istanze di chi governa i territori, il fatto che i senatori italiani siano scelti tra i compenti dei consigli regionali non crea la stessa analoga interdipendendenza con il territorio, cambia solo il modo in cui vengono eletti. I sindaci invece sono direttamente collegati alle città che amministrano e quindi le rappresentano pienamente ma perché 20 sindaci si e tutti gli altri no, inevitabilmente discriminati i comuni senza rappresentanza.
Troppo spesso i cittadini hanno atteso per anni riforme e risposte concrete, che sembravano non arrivare mai. Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale. Più velocità non significa più leggi, ma risposte più tempestive da un Parlamento più credibile.
La soluzione senza il problema, i dati statistici ci dicono che il bicameralismo italiano non produce meno leggi degli altri paesi e i tempi non sono affatto più lunghi degli altri. Il problema semmai è che si producono troppe leggi e spesso vorticosamente arzigogolate, buona parte di essa sono provvedimenti di natura governativa e vi è una eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza. Inoltre l'istituzione più ingolfata non è il parlamento ma il governo visto il grandissimo numero di decreti attuativi, già autorizzati dal parlamento, attesi e mai venuti alla luce. Le leggi devono essere fatte per durare nel tempo e non per essere modificate ad ogni nuova maggioranza, il pendolare delle proposte di legge tra Camera e Saneto, serve a valutare diversi aspetti delle varie leggi producendo dei risultati di compromesso e di sintesi che tendono a razionalizzare e inglobbare le diverse istanze presenti in parlamento. Pensare un sistema deve le leggi vengono decise frettolosamente spesso impregnate inevitabilmente di una forte componente ideologica della maggioranza della camera, limitando il dibattito e la revisione, sposta i disaggi che oggi avvengono prima della stesura della legge sulla società che quelle leggi dovrà subirle. La credibilità di un Parlamento dipende dalla qualità delle leggi emanate e non certo dalla rapidità di emanazione di leggi.
Verrà ridotto il numero dei parlamentari, perché i senatori elettivi passeranno da 315 a 95 (più 5 di nomina del Presidente della Repubblica) e non percepiranno indennità; il CNEL verrà abolito, e con esso i suoi 65 membri; i consiglieri regionali non potranno percepire unindennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione e i gruppi regionali non avranno più il finanziamento pubblico; le province saranno eliminate dalla Costituzione. La riduzione di costi e poltrone restituirà credibilità alle istituzioni.
I costi della politica possono essere ridotti in tanti modi, gli stindendi dei parlamentari ad esempio sono il 60% più alti della media europea e non servirebbe nemmeno una riforma costituzionale. In ogni caso si poteva eseguire la semplice riduzione dei parlamentari, l'abolizione del CNEL o delle provincie con riforme separate che probabilmente avrebbero visto la condivisione della riforma dall'intero parlamento che non avrebbero nemmeno richiesto un referendum. In molti casi l'indennità dei consiglieri regionali non è cosi differente da quella del sindaco del capuoluogo. Abbiamo inoltre già detto che le riduzioni dei costi non è così significativa come la riduzione delle garanzie democratiche.
La democrazia non si riduce solo al momento del voto, ma è un insieme di strumenti nelle mani dei cittadini per esprimere idee, proposte e bisogni. Con la riforma, la democrazia italiana diverrà autenticamente partecipativa: il Parlamento avrà lobbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori; saranno introdotti i referendum propositivi e dindirizzo; si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi (se richiesti da ottocentomila elettori, non sarà più necessario il voto del 50 per cento degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche).
L'iniziativa popolare vede aumentare il numero di firme necessarie per presentare proposte di legge, i referendum propositivi non nascono con questa riforma perché necessiteranno di successive leggi costituzionali, il quorum si abbassa solo se le firme depositate passano da 500.000 a 800.000, già oggi sappiamo che soltanto strutture fortemente organizzate come partiti e sindacati hanno la forza di raggiungere le 500.000 firme necessarie e che 800.000 risulta molto proibitivo per chiunque. I cittadini normali diventano di fatto ostaggio delle grandi organzzazioni di massa che non di rado sono d'accordo con il governo.
La riforma chiarirà e semplificherà il rapporto tra Stato e Regioni:
con leliminazione delle cosiddette competenze concorrenti, ogni
livello di governo avrà le proprie funzioni legislative. Si eviterà
finalmente la confusione e la conflittualità tra Stato e Regioni che ha
ingolfato negli scorsi 15 anni il lavoro della Corte Costituzionale.
Materie come le grandi reti di trasporto e di navigazione, la
produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dellenergia o la
formazione professionale saranno di esclusiva competenza dello Stato.
Alle Regioni, oltre alle competenze proprie (come lorganizzazione
sanitaria, il turismo o lo sviluppo economico locale), potranno essere
delegate altre competenze legislative. Sarà un modo per promuovere le
Regioni più virtuose.
Vero è che Corte Costituzionale è stata impegnata a diramare per diverso tempo i contenziosi nati dalla precedente riforma del titolo V voluta sempre dal centrosinistra ma proprio questo lavoro verrà buttato a mare dal dover affrontare i nuovi conflitti di competenza che sorgeranno con la nuova riforma che per poca chiarezza non è seconda nemmeno ad un testo in antico aramaico. Lo spostamento delle decisioni dal decisore locale al nazionale non favorisce la sovranità popolare perché l'opposizione e le rimostranze ad un problema ambientale circoscritto in un determinato territorio dovranno essere fatte a Roma, direttamente al governo nazionale che è interessato solo marginalmente dal consenso in una singola porzione di territorio.
Utente: DANNA
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del 05/08/2016
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