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Fabio D'Anna
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di Alessandro Crociata, Avv. D: E cosa comporta la incompatibilità? R: Il consigliere regionale anche se eletto deve scegliere se fare il senatore o il consigliere regionale. Se non sceglie, decade dalla carica di consigliere regionale. D: Ma si applica anche al nuovo Senato della riforma costituzionale? R:
Si, perché la norma sulle incompatibilità è riferita ai
consiglieri regionali i quali non possono svolgere anche l'Ufficio di
senatore, quindi questo impedimento riguarda sia il Senato attuale
che il Senato della riforma costituzionale. In altri termini, è il
consigliere che non può fare entrambe le cose. D:Allora basta far dimettere il consigliere regionale e farlo diventare
senatore? R:
No, non è possibile. La riforma si vanta di istituire il Senato dei
territori, e per farlo prevede espressamente che i senatori siano
scelti NECESSARIAMENTE tra i consiglieri regionali, i consiglieri
delle province di Trento e Bolzano e i sindaci. Quindi condizione NECESSARIA per essere eletto
senatore è essere consigliere regionale, delle province autonome di
Trento e Bolzano e sindaco. Tanto vero che il senatore rimane in
carica fino a quando rimane in carica come consigliere o sindaco, se
no decade. Questa cosa è prevista all'art. 57 Cost. riformato. D: E quale sarebbe la conseguenza? R: Il rischio è che le regioni a statuto speciale non possano avere propri senatori nel nuovo Senato se non quello scelto tra i sindaci. Ad esempio, in Sicilia dovremmo avere 7 senatori (6 deputati regionali + 1 sindaco), e stando così le cose ne potremmo avere solo 1. D: Comunque la questione è superabile perché la Costituzione prevale
sugli statuti delle regioni, quindi le norme sulla incompatibilità
se passa la riforma al referendum non si applica più. Giusto? R:
Non è così semplice. Bisogna distinguere. Mentre per le regioni
ordinarie viene modificato l'art. 122 Cost. facendo venire meno la incompatibilità con il Senato, per le regioni a statuto speciale restano le norme statutarie che prevedono la incompatibilità. Gli statuti sono leggi costituzionali ed occorre una loro modifica per potersi superare il divieto di cumulo di cariche. Il costituzionalista prof. Villone avverte che gli statuti sono approvati con leggi costituzionali che vanno modificati attraverso il meccanismo aggravato dell'art. 138 Cost., al quale si aggiungono i pareri obbligatori delle regioni. Questo
lo ammette pure la senatrice Finocchiaro del PD, la quale ha fatto un
comunicato dove riconosce che " A
legislazione vigente lincompatibilità tra le funzioni di
consigliere regionale e quella di parlamentare è prevista anche per
le Regioni a Statuto ordinario, non solo per quelle a Statuto
speciale. Il Senato infatti non è, nella previsione attuale, organo
di rappresentanza delle istituzioni territoriali come previsto invece
dalla riforma e dunque non è composto da consiglieri regionali e
sindaci. Se la riforma costituzionale entrerà in vigore
lincompatibilità resterà... per le Regioni a Statuto speciale, "per
le quali lincompatibilità è prevista dagli Statuti speciali
(fonti di rango costituzionale), occorrerà una modifica degli
Statuti, che avverrà con legge costituzionale su intesa con le
Regioni interessate"
(http://www.senatoripd.it/affari-costituzionali/finocchiaro-calderoli-incompatibilita-statuti-speciali-spazzata-via-approvazione-riforma/). D: Allora saranno modificati gli statuti e la questione sarà risolta? R:
Non è così semplice. La modifica degli statuti delle Regioni
autonome va fatta come detto con legge costituzionale e va fatta
d'intesa con le regioni. Ci vogliono i tempi di approvazione per
questo tipo di leggi, gli stessi tempi che ci sono voluti per
l'approvazione della stessa riforma costituzionale per la quale
andremo a votare il 4 dicembre. In più occorre che queste modifiche
siano concordate con le regioni a statuto speciale, con ciascuna di
esse che devono rendere il parere obbligatorio. Addirittura l'art. 39, comma 13, della riforma dice che le modifiche statutarie delle regioni autonome va fatta d'intesa con le regioni stesse. Il che complica di molto le cose. Queste modifiche vanno fatte prima della fine della legislatura, perchè dalla prossima, se passa la riforma, avremo da sutibo il nuovo Senato. E abbiamo poco più di un anno. Per modifiche così complesse è veramente poco il tempo a disposizione. D: E se non si arriva in tempo, che succede? R:
Bella questione. Entriamo in un campo inesplorato pieno zeppo di
trappole enormi. Innanzitutto,
diciamo che le regioni autonome, proprio perché queste modifiche
vanno fatte, potrebbero utilizzare la cosa per ricattare il governo a
proprio vantaggio. Per dirne una. La riforma si vanta di prevedere la
riduzione dei costi della politica anche attraverso la previsione
dell'art. 122 Cost., dove si parifica gli emolumenti dovuti ai
consiglieri regionali a quella dei sindaci dei Comuni capoluogo. Ebbene, le regioni
autonome potrebbero chiedere una deroga per loro solo della norma
minacciando di bloccare le intese. In sostanza con questa
dimenticanza il governo ha dato uno straordinario strumento di
ricatto alle regioni autonome, le quali se ne potrebbero
avvantaggiare a danno di tutte le altre regioni ordinarie che invece
subiscono senza poter far nulla le modifiche dei loro statuti. Alla
faccia della sbandierata semplificazione e riduzione dei costi della
politica. Per
le conseguenze diciamo subito che la riforma prevede una modifica che
potrebbe rivelarsi pericolosissima. L'attuale art. 61 Cost. prevede
la prorogatio per entrambe le Camere. Questo è un meccanismo che consente la
continuità del funzionamento degli organi costituzionali. Ne ha
parlato pure la Corte Costituzionale nella famosa sentenza 1/14 che
ha bocciato il porcellum. Ora questa norma è stata modificata e la
prorogatio è stata prevista solo per la Camera dei Deputati, visto
che si è cambiata la natura del Senato, trasformato in organo
"permanente". Quindi alla data della fine della legislatura nel
2018, fino alla elezione della nuova Camera dei Deputati la vecchia
prosegue i propri lavori (per un tempo massimo di 60 giorni, quelli
necessari all'insediamento della nuova Camera), mentre il Senato
vecchio può essere inteso decaduto immediatamente, vista la modifica
costituzionale. Il Senato ai sensi dell'art. 57 riformato può dirsi validamente
costituito se vi sono almeno due senatori per regione (art. 57, comma
terzo). Ma se restano in vigore le norme sulla incompatibilità le 5
regioni a statuto speciale possono mandare solo 1 senatore, quello
scelto tra i sindaci. Inoltre il Senato è composto da 95 senatori
scelti dai consigli regionali e 5 dal Presidente della Repubblica.
Verrebbero meno almeno 25-30 senatori, appunto quelli delle regioni a
statuto speciale. Questo pone seri problemi sulla valida costituzione
del Senato. Ricordiamoci che anche il nuovo Senato ai sensi dell'art. 70 partecipa in modo
paritario alla Camera dei Deputati nella formazione delle leggi in
molte materie e in tutte le altre sotto forma di parere. Se il Senato
non è validamente costituito perché vi sono regioni che non hanno
il numero di senatori minimo previsto dalla riforma, si pone un
problema di validità costituzionale del procedimento legislativo.
Occorre chiedersi cosa succede in questo caso. Questo non è stato
minimamente previsto dal governo nella riforma. D: Allora qual è la soluzione. R:
Certo il problema andava previsto prima. Si poteva tranquillamente
prevedere una riforma complessiva sia della Costituzione sia degli
statuti delle regioni autonome, per rendere l'intero sistema coerente e compatibile. Ci sarebbe voluto più tempo ma non
avremmo avuto questi enormi rischi che abbiamo evidenziato. Dovrebbero
essere i sostenitori del SI a trovare soluzioni adeguate, sono loro
che hanno creato questo enorme e pericolosissimo pasticcio. Ed in effetti si stanno affannando a indicare soluzioni, tutte intese a sminuire la portata del problema. Però, resta l'aspetto fondamentale che l'incertezza resterà fino a quando non si faranno modifiche espresse o non vi saranno pronunce da parte dei giudici che inevitabilmente saranno investiti della questione, quando si avrà il conflitto tra coloro che chiederanno la decadenza dei consiglieri eletti in presenza delle norme sulla incompatibilità. Noi
per parte nostra abbiamo contribuito a evidenziare un grande errore
che era sfuggito alla maggioranza parlamentare che ha approvato la
riforma e visto che si vota tra meno di un mese e che non ci sono i
tempi per tappare questa falla, quindi l'unica soluzione oggi è votare NO il 4
dicembre per non rischiare domani di subire le conseguenze
irreversibili di una riforma pensata male e scritta peggio.
Utente:
ALECRO
Pubblico
D: Di cosa si tratta?
R:
Gli statuti delle regioni prevedono norme sulla incompatibilità ad
assumere contemporaneamente l'ufficio di consigliere regionale e di
componente di una delle due Camere (Camera dei Deputati e Senato
della Repubblica). In Sicilia, ad esempio, è previsto espressamente
dal comma 7 dell'art. 3 dello Statuto.
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del 07/11/2016
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Il paradosso delle regioni a statuto speciale