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Politica Italiana

  • Lo spettacolo deludente della politica italiana

    Lo spettacolo deludente della politica italiana

    Opinioni dai social

    di Maurizio Giobbi
    Mal comune mezzo gaudio è una frase orribile, senza senso, cinica e destituita di ogni fondamento. Che il mio disagio di italiano senza rappresentanza politica, ficcato come una barchetta al centro del Triangolo delle Bermude, equilontano dai tre poli del tripolarismo nazionale, sia condiviso da molti, non mi dà nessun gaudio, anzi, fa incazzare un bel po’. Sulla figuraccia europea dei Cinque Stelle, e segnatamente del loro leader, viene in mente una battuta di Luttazzi (Berlusconi gliela fregò ai tempi antichi quando cacciava Fini dal partito). "Sapete che uno zio di Fini è morto ad Auschwitz? Sì, è caduto dalla torretta di guardia".
     Pessimo gusto, ma fa ridere. Così del Grillo che si fa chiudere la porta in faccia dal gruppo europeo più amico di lobby e poteri forti si può dire:
    "Ma è ferito! Gli ha fatto male l’establishment? Ma no! è scivolato mentre correva a iscriversi".

    Ora per riassumere: abbiamo tre grandi forze politiche in campo: una che conosciamo bene e che lavora per tenere insieme le spoglie del berlusconismo, una destra Frankenstein Junior; una che ha governato sbagliandole tutte e coniugando in modo superbo arroganza e incompetenza, affarucci privati e la solita minestra liberal liberista fingendosi però di sinistra; e poi un corpo estraneo che entra a gamba tesa
    (il famoso apriscatole) nel sistema, e in effetti un po’ lo scardina e lo stupisce (oh! Non c’è più il bipolarismo!), ma pratica anche i peggiori vizi e le giravolte ciniche che la politica ci ha insegnato. Iscriversi a un gruppo che dice il contrario di quello che dici tu per avere "visibilità e contare di più" è un carpiato turbo-ideologico di difficile comprensione.

    Aggiungerei un altro problema, tanto per gradire. Ed è che ormai scelte, decisioni, errori madornali, gaffe e capitomboli di ognuna delle parti in commedia, non hanno quasi una lettura politica, ma soltanto il peso, per così dire ludico, del rimprovero reciproco. Siamo allo sberleffo costante, come se la vita politica italiana fosse più legata al gusto sadico di veder scivolare l’avversario che alle sorti del povero Paese. Con punte di vero surrealismo, come quando Grillo ha parlato di espatri e le tricoteuses del Pd sono saltate su come tappi ad accusarlo di leghismo. Il giorno dopo di espatri ha parlato il governo e tutto a posto, anzi grandi applausi.

    Il disagio dell’italiano equilontano è dunque doppio: non solo nessuno lo rappresenta, ma non circola un’idea forte, all’orizzonte si vede solo tattica e nessuna strategia. Mentre si esce e si entra nei gruppi europei, abili come l’ispettore Clouseau, o si gioca il risiko della legge elettorale, o si pensa a trucchi e trucchetti per gabbare il referendum sul Jobs act, non si vede da nessuna parte un'idea di società più giusta. Tutti, distratti dalla guerricciola quotidiana, dalle scaramucce di confine, si scordano di occuparsi del fatto che le diseguaglianze aumentano, e che stanno diventando intollerabili, una cosa allarmante, che può scappare di mano.

    Nessuno dei tre poli dice chiaramente il punto primo di un qualunque programma di salvataggio del Paese: cioè che la distanza siderale tra il fattorino che vi consegna le pizze e il banchiere va ridotta, e non aumentata come si fa da decenni. Un'idea, insomma, un disegno, un obiettivo, anche lontano, anche difficile, ma chiaro e preciso. Ridurre le diseguaglianze sarebbe una buona corrente per spingere l’equilontano con la sua barchetta verso un polo o verso l’altro, ma non succederà, perché il piccolo cabotaggio trionfa. La prima esigenza della politica italiana è quella di poter cambiare idea al volo per motivi tattici, il che impedisce di avere grandi idee. Visto da qui, dal centro esatto del triangolo delle Bermude, lo spettacolo è piuttosto deprimente.

    Utente: DANNA

    Pubblico
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    del 13/01/2017

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