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Fabio D'Anna
Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente.
Per cambiare qualcosa costruisci un modello
nuovo che renda la realtà obsoleta.
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di Fabio D'Anna
C'é un legame universale di scambio che unisce l'intera umanità, nessun vero uomo può essere realmente felice se tutti gli altri intorno a se non sono felici, questo è forse il motivo per cui i ricchi finiscono sempre per creare aggregazione solo tra di loro, se frequentassero un mondo più ampio non potrebbero più ignorarlo, deriderlo, sentirsi superiori.
Molte popolazioni africane, povere di risorse, sono ricche di umanità perché seguono la filosofia Ubuntu, il significato è che tutti debbano comportarsi con tutti in modo uguale, corretto e nel rispetto degli antenati. Non esistono bambini orfani, perché non esistono figli di sangue ma solo figli e nessun genitore abbandonerebbe il proprio figlio. L'ospitalità è sacra e non è richiesto presentare omaggi. Il web narrà di un antropologo che mise a gara dei bambini con un premio un cesto di frutta, tutti i bambini si presero per mano e raggiunsero insieme il cesto per condividerlo tra tutti, non so se questa storia è vera ma è verosimile. La nostra società è invece fondata sulla competizione, fin da piccoli insegniamo ai nostri figli che devono primeggiare, a scuola, nello sport e nella società, poi ci stupiamo se questo produce adulti pronti a tutto pur di emergere.
Ubuntu è anche uno dei principi fondamentali della nuova repubblica del Sud Africa e del suo Rinascimento africano. Il concetto di ubuntu è usato per enfatizzare la necessità di unità o consenso nel prendere decisioni, così come la necessità di un'etichetta umanitaria per informare queste decisioni.
Tante volte ci illudiamo che le nostre idee sono migliori di quelle degli altri, che la nostra visione delle cose è quella giusta. Tutto è bene se le nostre idee le applichiamo a noi stessi, quando però pretendiamo di applicarle a tutti, nascono le incomprensioni, i malumori, i conflitti. Il nostro essere società può proggredire solo se ci rendiamo conto che le decisioni devono essere il più possibile condivise, se non si da per scontato che il bene coincida sempre con ciò che noi pensiamo è possibile sviluppare un dibattito costrutttivo che cerchi di ottimizzare le esigenze della collettività.
Alla fine ci renderemo conto che non esiste un io senza un noi, che le nostre idee hanno un senso se altri le condividono, che le regole più saggie sono quelle che non sono imposte ma decise insieme.
Il 6 settembre parleremo in piazza, tra tutti i cittadini che lo desiderano, attorno ad un grande cerchio tutti ugualmente coinvolti, tutti ugualmente uniti dalla voglia di partecipare.
Utente: DANNA
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del 17/08/2015
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