Decidiamolo Insieme

Il buon esempio parte dal basso. Con noi la democrazia si evolve!
Fabio D'Anna

Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente.
Per cambiare qualcosa costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta.
Buckminster Fuller

  • Intervista a Maurizio Pallante

    Intervista a Maurizio Pallante

    di Raffaele De Sandro Salvati e Claudio Scotti

    Maurizio Pallante (Roma, 1947), laureato in lettere, principalmente attivo come saggista ed esperto di risparmio energetico, è presidente e fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, un’Associazione nata sui temi della demitizzazione dello sviluppo fine a se stesso. Il movimento, chiaramente ispirato alla decrescita teorizzata da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia, parte dal presupposto che la correlazione tra crescita economica e benessere non sia necessariamente positiva, ma che esistano situazioni frequenti in cui ad un aumento del Prodotto interno lordo (PIL) si riscontra una diminuzione della qualità della vita. Ha pubblicato: “La decrescita felice”, Edizioni per la decrescita felice; “Meno e meglio”, Bruno Mondadori; “Decrescita.Sai cos'è.” ebook edito da Bruno Mondadori.

    Ringraziamo Maurizio Pallante per aver accettato il nostro invito con l’auspicio che da questa intervista nasca una discussione utile e costruttiva per tutti.


     

    Decrescita Felice come alternativa razionale alla crisi. Cosa rispondere a chi parla di utopia?

    L'utopia la coltiva chi crede che sia possibile una crescita infinita in un mondo che ha una quantità di risorse finite da trasformare in merci e una capacità finita di assorbire gli scarti, liquidi, solidi e gassosi, emessi dalla produzione e dall'uso di merci. Ed è un'utopia negativa perché la produzione e il consumo di merci hanno già superato i limiti del pianeta terra in entrambi gli aspetti. Oltre che della crisi ecologica, la crescita è anche la causa della crisi economica, perché in un'economia finalizzata alla crescita le aziende sono obbligate dalla concorrenza ad aumentare in continuazione la produttività, cioè a introdurre nei cicli produttivi tecnologie sempre più potenti che accrescono la produzione e riducono l'incidenza del lavoro umano sul valore aggiunto. Ma così facendo aumentano l'offerta e diminuiscono la domanda di merci. A questo squilibrio si è fatto fronte ricorrendo ai debiti, pubblici e privati, per accrescere la domanda, fino al momento in cui i debiti sono diventati così grandi che occorre fare nuovi debiti per pagare le rate dei debiti già fatti. A questo punto non si riesce più a venir fuori dalla crisi perché se si finalizza la politica economica a ridurre i debiti (l'austerità), la crisi si aggrava perché diminuisce la domanda, se invece si vuole rilanciare la produzione attraverso un aumento della domanda bisogna aumentare i debiti. L'unica via per uscirne è una decrescita selettiva della produzione di merci che non hanno nessuna utilità, ovvero degli sprechi: di energia, di cibo, di medicine inutili ecc.. Per ridurre gli sprechi bisogna sviluppare tecnologie più efficienti; se si riducono gli sprechi si risparmiano dei soldi e i soldi risparmiati devono essere investiti per pagare i salari e gli stipendi a chi lavora per ridurre gli sprechi. Solo la decrescita selettiva degli sprechi consentirebbe di superare la crisi. Se invece ci si ostina a tentare di rilanciare la crescita non si può che fallire, perché se la crescita è la causa della crisi non può essere la sua soluzione.


    Decrescita equivale a meno tasse? E il debito?

    La decrescita selettiva del pil in questa fase non comporta meno tasse, perché per ridurre gli sprechi occorre produrre, installare, gestire e manutenere le tecnologie che lo consentono. Inoltre la riduzione degli sprechi comporta una riduzione dei costi e, quindi, della necessità di far debiti.


    Qual è il rapporto fra Decrescita Felice ed occupazione?

    La decrescita felice è l'unica maniera di creare occupazione, ma non un'occupazione purchessia, bensì un'occupazione utile in attività che riducono l'impronta ecologica e pagano i loro costi attraverso i risparmi che consentono di ottenere. Se una casa che consuma per il riscaldamento invernale 20 metri cubi di metano al metro quadrato all'anno viene ristrutturata e i suoi consumi scendono a 5 metri cubi, i risparmi sui costi di gestione annua in un certo numero di anni pagano le spese d'investimento. In sostanza, invece di spendere soldi per acquistare una merce che si spreca e che inquina, si spendono gli stessi soldi per pagare delle persone che col loro lavoro fanno ridurre sprechi e inquinamento.


    Ci può essere effettiva decrescita in un sistema socio-economico planetario da 7 miliardi di persone o è una chimera destinata a piccoli numeri?

    Questa domanda si fonda sull'equivoco che la crescita consista in un aumento dei beni e dei servizi. Non è vero. La crescita misurata dall'aumento del prodotto interno lordo, misura il valore monetario delle merci comprate e vendute nel corso di un anno. Il benessere reale dei popoli poveri non aumenta se aumenta il loro reddito monetario, se cioè possono produrre e comprare quantità maggiori di merci, ma se aumenta la quantità dei beni a loro disposizione. Il pil non aumenta se questi beni vengono in gran parte autoprodotti o scambiati nell'ambito di rapporti comunitari fondati sul dono e la reciprocità. La frutta e la verdura che la mia famiglia coltiva nell'orto non fa crescere il pil, perché non viene comprata e venduta, ma risponde alle nostre esigenze alimentari meglio della frutta e della verdura che si compra. Se i popoli ricchi ridurranno i loro sprechi utilizzando tecnologie più avanzate, se cioè perseguiranno una decrescita selettiva del loro pil senza ridurre il loro benessere, perché gli sprechi non lo fanno aumentare, i popoli poveri avranno una maggiore disponibilità di risorse. Se i popoli poveri utilizzeranno queste risorse per produrre i beni di cui hanno bisogno senza ascoltare le sirene della mercificazione, se perseguiranno cioè il benessere reale e non il benessere fittizio rappresentato dal denaro, il loro pil crescerà in misura contenuta e questo è l'unico modo realistico che hanno per vivere meglio. I popoli ricchi per stare meglio devono decrescere selettivamente. I popoli poveri per stare meglio devono evitare di entrare nella follia della mercificazione generalizzata.


    Si parla molto di Sviluppo Sostenibile: cosa significa? Può esistere?

    La locuzione “sviluppo sostenibile” è un ossimoro. Con questa giaculatoria si intende una crescita ottenuta mediante l'uso di tecnologie meno impattanti sull'ambiente e meno energivore. In particolare con lo sviluppo delle energie rinnovabili al posto delle energie fossili. Ma se si riduce in percentuale il consumo di risorse per unità di prodotto e poi si aumentano le unità prodotte, si fa soltanto una fatica di Sisifo. Si rallenta l'esaurimento delle risorse, si rallenta la velocità con cui l'umanità si sta dirigendo verso il precipizio, ma si arriverà comunque, in tempi più lunghi, a raggiungere il precipizio. Se si affronta il problema dell'energia negli edifici (che consumano quasi la metà di tutte le fonti fossili che importiamo) nell'ottica dello sviluppo sostenibile, si punta a sostituire le fonti fossili con le fonti rinnovabili. Ma se si pensa che gli edifici sprecano circa il 70 per cento dell'energia perché non sono ben coibentati, che senso ha dare la priorità alla sostituzione delle fonti? Un edificio che spreca il 70 per cento dell'energia che utilizza è come un secchio bucato. Quale persona normodotata che ha un secchio bucato si propone di riempirlo cambiando la fonte? La prima cosa da fare è ridurre gli sprechi, riducendo le dispersioni e solo se si riducono gli sprechi il fabbisogno residuo può essere soddisfatto con le fonti rinnovabili. Ma se si riducono gli sprechi si percorre la strada della decrescita selettiva del pil. Non basta rallentare la velocità di un'automobile che va verso un precipizio, occorre cambiare la sua traiettoria.


    Cosa decresce nella Decrescita Felice?

    Con la decrescita felice decresce la produzione e il consumo di merci che non sono beni (gli sprechi) e cresce la produzione e l'uso di beni che non si ottengono attraverso uno scambio mercantile, ma si autoproducono o si scambiano senza l'intermediazione del denaro nell'ambito di rapporti fondati sul dono e la reciprocità. Quando in economia si parla di crescita non si intende, come usualmente si crede, l'aumento dei beni prodotti e dei servizi forniti da un sistema economico e produttivo, perché il parametro che si usa per misurarla, il prodotto interno lordo, è un parametro monetario e, pertanto, prende in considerazione soltanto il valore monetario degli oggetti e dei servizi comprati e venduti, cioè delle merci. Ma non tutte le merci sono beni che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio. Il cibo che si butta, si compra e fa crescere il pil (vale il 3 per cento), ma non è un bene. Anzi è un male, perché fa aumentare la parte putrescibile dei rifiuti (la più difficile da gestire). L'energia che si spreca per riscaldare una casa mal costruita (in Italia se ne consuma il triplo delle peggiori case tedesche, i 9/10 in più delle migliori) non serve a niente e fa crescere inutilmente le emissioni di CO2. Se il pil decresce perché diminuiscono gli sprechi, le merci che non sono beni, la qualità ambientale migliora, non ci si priva di nulla, occorre sviluppare tecnologie più efficienti, si crea un'occupazione utile che si ripaga con i risparmi che consente di ottenere. Ma il pil decresce anche quando non si comprano delle merci perché si autoproducono dei beni e ci si dona reciprocamente del tempo scambiandosi beni e servizi. In questo caso la qualità della vita migliora perché si costruiscono relazioni collaborative, anziché competitive, con gli altri.



    Le domande rivolte agli intervistati sono state selezionate da tutti gli iscritti e simpatizzanti di Democrazia in Movimento attraverso scambio di opinioni e votazione finale.

    Quanto pubblicato è riferibile al suo autore, è inteso ad alimentare il dibattito e non rispecchia le posizioni ufficiali di Democrazia in Movimento

    Articolo dell'11 novembre 2013

    Utente: RAFFDES

    Pubblico
    visite 670
    del 20/03/2014

  •  

  • Seleziona altri Articoli

    Altri Articoli

    Tutti gli articoli

    Manifesto per una democrazia ecologica
    Rinsaldiamo il bilancio puntando sull'energia
    I Deputati all'ARS non arrivano a fine mese, facciamo una colletta!
    Bene pubblico, sfruttamento privato
    Il no dell'ARS al referendum sulle trivelle mortifica la democrazia

Registrati ora!!!

Download

Login - Accedi

 

In evidenza

Documenti - Argomenti articoli

Sostienici