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Fabio D'Anna
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di Marzio Bartoloni
«Vogliamo mandare un appello chiaro al Governo, quello di non perdere loccasione di fare finalmente una riforma che il mondo della ricerca aspetta con impazienza per poter operare con la giusta dinamicità in un settore che come il nostro può dare una mano al Paese nella ripresa economica. Chiediamo autonomia gestionale e di reclutamento». Massimo Inguscio, presidente del Cnr è stato delegato dalla conferenza dei presidenti degli enti pubblici di ricerca a rappresentarli in un momento delicato per tutta la ricerca pubblica. Siamo infatti alla vigilia dellatteso varo del decreto attuativo della delega della riforma Madia che dovrebbe appunto garantire una maggiore autonomia agli enti e che però nelle ultime settimane ha incontrato qualche scoglio, a cominciare dalle critiche al testo del ministero dellEconomia : «Ecco non vorremmo aggiunge Inguscio che a causa di alcune criticità non si rinunciasse ad attuare quello che è lo spirito di questa riforma che come recita larticolo 13 punta a favorire e semplificare le attività degli enti pubblici di ricerca e rendere le procedure e le normative più consone alle pecularità degli scopi istituzionali di tali enti, anche considerando lautonomia e la terzietà di cui essi godono».
Il decreto e le critiche del Mef
La
delega secondo quanto prevede la riforma Madia dovrebbe essere
approvata entro il 26 agosto. Tempi stretti visti i tanti passaggi che
mancano ancora dal primo via libera del consiglio dei ministri ai
pareri delle commissioni parlamentari e della Stato Regioni prima del sì
finale di Palazzo Chigi che fanno pensare a un probabile slittamento.
In più a rendere difficile il cammino sono stati appunto alcune
critiche piuttosto mirate arrivate al testo dalla Ragioneria generale
dello Stato che in un suo parere mette nel mirino le novità normative
sul personale e la parificazione dei percorsi di carriera di
ricercatori e tecnologi a quelli delluniversità. La bozza di decreto
secondo il Mef sottrae infatti ricercatori e tecnologi dal regime
dellimpiego pubblico privatizzato (legge 165/2001) «operando una sorta
di ripubblicizzazione» e nei fatti «uniformando» i ricercatori e
tecnologi degli enti alle norme della riforma Gelmini (240/2010) che
riguardano lo status giuridico dei professori universitari. Una
revisione che secondo lEconomia è al di fuori di quanto stabilisce la
delega. Su questo punto i vertici degli enti di ricerca non si
esprimono, ma in un comunicato avvertono che «la Conferenza dei
presidenti auspica ladozione degli interventi che, coerentemente con i
principi della delega, consentano di rafforzare lautonomia degli enti
pubblici di ricerca, riconoscendone il ruolo strategico per il Paese e
la specificità nellambito della pubblica amministrazione».
Lappello degli enti di ricerca
«Noi
presidenti degli enti di ricerca avverte Inguscio a Scuola24 ci
siamo visti diverse volte negli ultimi giorni presso il Cnr proprio per
manifestare la nostra attenzione a questo decreto e per far sapere al
Governo che a questo punto sarebbe spiacevole che per alcune criticità
si rinunciasse alloccasione di attuare questa riforma». Sul punto
critico segnalato dal ministero dellEconomia Inguscio non si esprime,
anche perché non cè unanimità di vedute neanche tra gli stessi
presidenti degli enti di ricerca, ma comunque fa sapere quello che resta
un punto cruciale che è irrinunciabile: «Noi chiediamo che si attui lo
spirito innovatore dellarticolo 13 della riforma Madia che riconosce
una specificicità alla ricerca pubblica allinterno della Pubblica
amministrazione e per questo chiediamo che si riconosca una vera
autonomia gestionale agli enti di ricerca». Autonomia che deve arrivare
anche nelle politiche di reclutamento: «Vorremmo che si eliminasse la
vecchia logica della pianta organica facendoci lavorare sul budget»,
conclude Inguscio.
Utente: DANNA
Pubblico
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del 02/08/2016
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