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Fabio D'Anna
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di Pietro Carideo Isde - Medici per l'ambiente
L'incenerimento dei rifiuti, non solo non garantisce un risparmio
né
energetico né economico, ma è fra tutte le tecnologie la
meno
rispettosa per la salute. Oltre all'inevitabile produzione di
ceneri
leggere e di fondo e di fanghi, determina l'immissione sistematica
e
continua nell'atmosfera di enormi quantità di fumi inquinanti,
di
particolato Pm-10 e soprattutto di particolato fine e ultrafine
(Pm-2,5
e Pm-0,1). La frazione ultrafine - tanto più elevata (fino
all'80% del
particolato emesso) quanto maggiori sono le temperature di
combustione - è
riconosciuta come quella più pericolosa per la salute
umana. In questa
frazione sono comprese le cosiddette nanoparticelle,
aggregati di diametro
variabile tra 1 e 25 nanometri, costituiti da
migliaia di atomi. La loro
pericolosità è dovuta all'elevato rapporto
superficie/volume, all'elevata
reattività chimica e alla capacità di
superare i filtri impiantistici e
quelli naturali delle vie
respiratorie, penetrando negli alveoli polmonari e,
attraverso le
pareti alveolari e vascolari, nel torrente circolatorio dei
vari
organi e tessuti e nelle cellule e nei nuclei dell'organismo umano.
Le
nanoparticelle veicolano numerose sostanze epi(geno)tossiche
e
cancerogene prodotte negli inceneritori.
Tra esse vi sono sostanze
estremamente tossiche, persistenti,
bioaccumulabili, alcune già classificate
dalla lare come cancerogeni
certi per l'uomo. In particolare, tra le oltre
200 sostanze, si
riscontrano: arsenico, berillio, cadmio, cromo, nichel,
benzene,
piombo, diossine, dibenzofurani, policlorobifenili,
idrocarburi
policiclici aromatici.
Oltre ai tumori queste sostanze
provocano:
- processi infiammatori in tutti gli organi ai quali giungono
tramite
il sistema vascolare;
- processi di arteriosclerosi che
ostacolano il flusso ematico con
rischio di infarto miocardico e di ictus
cerebrale;
- interferenze endocrine particolarmente nocive nell'età
evolutiva;
- modifiche genomiche che aumentano la suscettibilità agli
inquinanti
delle generazioni future.
Le diossine e i policlorobifenili
(Pcb) costituiscono un gruppo di
molecole riconosciute a livello
internazionale come microinquinanti
organici persistenti (Pops). Tali
sostanze sono estremamente
persistenti nell'ambiente e in grado di essere
trasportate per lunghe
distanze rispetto ai punti di emissione. In condizioni
ambientali
tipiche esse tendono alla bioconcentrazione e presentano un
processo
di biomagnificazione, raggiungendo concentrazioni
potenzialmente
rilevanti sul piano tossicologico e rappresentando, quindi,
una
minaccia per la salute urnana e per l'ambiente.
L'esposizione a
lungo termine ai Pops può avere effetti cronici sugli
organismi come, a
esempio, alterazioni metaboliche degli ormoni,
carcinogenesi, teratogenesi,
effetti sul sistema immunitario.
è importante evidenziare che le diossine
e i Pcb mostrano
caratteristiche chimiche e di pericolosità analoghe, sebbene
le loro
fonti di origine siano spesso differenti.
I dati tossicologici
indicano che più del 90% dell'esposizione umana
alle diossine deriva dagli
alimenti e tra questi, quelli di origine
animale contribuiscono di norma
all'80% circa dell'esposizione
complessiva.
Una proprietà importante
di questo tipo di composti è senza dubbio la
loro grande stabilità fisica e
chimica dovuta alla presenza degli
atomi di cloro, che li rende resistenti
alla biodegradazione. La
conseguenza di questa stabilità, quindi la non
distruzione e
l'accumulo di questi prodotti in natura, in piante e animali,
nella
massa grassa dell'organismo, è rappresentata dalla lunghezza
della
catena alimentare, che è la principale via d'esposizione
nell'uomo.
La conoscenza tossicologica è fondamentale per scelte
industriali e
politiche e merita una particolare attenzione per una sempre
maggiore
sostenibilità ambientale.
In Italia dati epidemiologici,
particolarmente inquietanti, registrano
un incremento complessivo di
incidenza di cancro nelle donne,
indipendentemente dall'età, dell'1% annuo e
di
cancro nell'infanzia del 2% annuo, esattamente doppio di quanto
si
registra in Europa.
Albert Einstein diceva: un uomo intelligente
risolve un problema, un
uomo saggio lo evita; queste parole ci devono far
riflettere su ciò
che può comportare la crescente pratica dell'incenerimento
dei
rifiuti. è stato calcolato che con le previsioni
d'incenerimento
previste complessivamente in Europa si andranno a
immettere,
utilizzando le migliori tecnologie disponibili (Bar) e nel
rispetto
dei limiti di legge, quantità assolutamente non trascurabili
di
inquinanti: ben 500 g per anno di diossina e composti
diossina-simili.
Un concetto fondamentale è quindi che, di fronte a una
contaminazione
di cui nessuno può ipotizzare compiutamente effetti e
conseguenze,
dovrebbe essere assunto un atteggiamento di massima
precauzione,
evitando il più possibile l'immissione nell'ambiente di
inquinanti
pericolosissimi e persistenti quali la diossina. La
contaminazione
della catena alimentare può seriamente compromettere la salute
umana
con probabili danni addirittura trans-generazionali legati a
modifiche
epigenetiche. Questa interferenza può essere letta come una
«pandemia
silenziosa» che spiegherebbe la crescente incidenza di
patologie
cronico/degenerative, endocrinologiche e oncologiche che
comportano
enormi costi socia
li, umani ed economici. Anche di recente
è stata ribadita l'importanza
di un approccio sistemico alla salute umana,
che non può più
contemplare solo il versante terapeutico ma deve riscoprire
il ruolo
della prevenzione primaria.
L'azione più utile che può essere
presa per ridurre l'esposizione a
queste sostanze indesiderabili è, per
quanto possibile, identificare
le maggiori fonti di diossine e prendere le
appropriate misure per
ridurre le emissioni a lungo termine nell'ambiente,
con lo scopo di
ridurre i livelli negli alimenti e nei tessuti umani. Poiché
non è
assolutamente obbligatorio incenerire i rifiuti industriali
c/o
urbani, e questa pratica non è neanche giustificata dal punto di
vista
energetico ed economico, l'applicazione del principio
della
precauzione alla gestione dei rifiuti obbligherebbe a
rinunciare
all'incenerimento e a puntare, in modo prioritario, sulla
riduzione,
il riuso e il riciclaggio dei materiali post consumo, in quanto
queste
pratiche inducono un impatto ambientale nettamente inferiore a
quello
degli inceneritori.
Questo giudizio rientra nella nuova
politica di attivare misure
precauzionali a tutela della salute pubblica,
ovvero quella di
prevenire il danno, invece di mitigarlo.
Utente: DANNA
Pubblico
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del 29/11/2010
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